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domenica 27 dicembre 2015

Giusy Balatresi - Giusy Balatresi (1970)












 Una cantante che sicuramente avrebbe meritato maggior fortuna, Giusy Balatresi: un solo album inciso, quello di cui parliamo oggi, più tre 45 giri, tutti realizzati in un paio d'anni.
Pur non essendo una cantautrice, il suo 33 giri è però un disco che è dedicato alla canzone d'autore, italiana e straniera: il primo paragone che mi viene, pur nelle inevitabili differenze stilistiche, è con un LP di Donatella Moretti, "Storia di storie" (che però, al contrario di questo della Balatresi, è stato ristampato in CD).
Pisana, Giusy si mette in luce nel 1967 al Cantapiper, manifestazione organizzata dall'RCA Italiana per individuare nuovi talenti, ed ottiene un contratto con questa casa discografica; l'album arriva nel 1970, ed è prodotto da Vincenzo Micocci, che sappiamo attento alla canzone d'autore.
La canzone di apertura (che però ritorna nel corso del disco, anche se ciò non è indicato né nel retro di copertina né sull'etichetta) è una sorta di annuncio programmatico dell'album, scritta da Giuseppe Lo Bianco per il testo e dai fratelli De Angelis (che si occupano anche degli arrangiamenti del disco) per la musica, si intitola "Canzoni" e sfuma nel brano successivo, "Magnifica età" di Ugolino (con la musica del suo collaboratore dell'epoca, Pino Cappelletti), che fu pubblicato anche su 45 giri (sul retro "Mi piace la tua faccia"); l'altra canzone di Ugolino, il valzer "Come per miracolo", si trova sul lato B.
"Sola in città" è la versione (con testo di Lo Bianco, come peraltro quasi tutte le cover di canzoni straniere) di "I guess the Lord must be in New York City" di Harry Nillson, canzone che ricorda molto nell'arrangiamento un suo successo precedente, "Everybody's talking" (che però era stata scritta da Fred Neil), nota per essere stata inserita nella colonna sonora di "Un uomo da marciapiede".
"Sole", canzone scritta da Mickey Newbury, era stata incisa da Gene Vincent, mentre nel 1973 la inciderà anche il suo autore (nell'album "Heaven help the child") e nel 1975 Ray Charles ne darà una sua versione.
Con "Gira la terra" inizia una trilogia di canzoni di Donovan, il cui cognome sul retro di copertina è storpiato in Leitche: la prima è una versione di "Sun", mentre "Lo sai" è "Oh gosh!", entrambi i brani tratti dall'album del 1967 "A gift from a flower to a garde", uno dei dischi più belli dello scozzese; infine "Lalena", con il testo di Daniele Pace, sfuma nella ripresa di "Canzoni", mentre gli altri due brani di Donovan sono "il granchio e il vagabondo", cioè "The thinker and the crab" (dal già citato disco del 1967) e "Colori", cioè "Colours", con il testo di Herbert Pagani già inciso da altri artisti (i Corvi, ad esempio). 
Il lato B si apre con una cover di "Leabvin' on a jet plane", uno dei primi successi di John Denver, seguito dalla celeberrima "Amore che vieni, amore che vai", una delle poche canzoni di Fabrizio De André di cui è autore unico, sia del testo che della musica.
Il Don Powell autore della musica della bella "La donna del lago" non è il batterista degli Slade, ma un omonimo, cantante dei Folkstudio Singers, celebre gruppo gospel che partecipò anche al Festival delle Rose nel 1967 e che si dedicò poi alla carriera da solista.
Bob Dylan è presente con "Lay lady lay", su cui Luigi Albertelli scrive un testo che si allontana dall'originale e intitolato "Sei come sei"; il brano sfuma nella terza ed ultima parte di "Canzoni", che conclude il bel disco della Balatresi.


LATO A

1) Canzoni (Giuseppe Lo Bianco-Guido e Maurizio De Angelis)
2) Magnifica età (Guido Lamberti-Giuseppe Cappelletti)
3) Sola in città (Giuseppe Lo Bianco-Harry Nillson)
4) Sole (Giuseppe Lo Bianco-Mickey Newbury)
5) Gira la terra (Giuseppe Lo Bianco-Donovan Leitch)
6) Lo sai (Giuseppe Lo Bianco-Donovan Leitch)
7) Lalena (Daniele Pace-Donovan Leitch)
8) Canzoni (ripresa) (Giuseppe Lo Bianco-Guido e Maurizio De Angelis)

LATO B

1) Tra poco volerò via (Giuseppe Lo Bianco-John Denver)
2) Amore che vieni, amore che vai (Fabrizio De André)
3) Il granchio e il vagabondo (Giuseppe Lo Bianco-Donovan Leitch)
4) La donna del lago (Giuseppe Lo Bianco-Don Powell)
5) Colori (Herbert Pagani-Donovan Leitch)
6) Come per miracolo (Guido Lamberti-Giuseppe Cappelletti)
7) Sei come sei (Luigi Albertelli-Bob Dylan)
8) Canzoni (finale) (Giuseppe Lo Bianco-Guido e Maurizio De Angelis)

giovedì 24 dicembre 2015

Roberto Balocco - Le canssôn dla piola 2 (1965)












Nonostante i tanti anni di attività, credo che in questo blog non abbiamo mai parlato di Roberto Balocco, ed è un peccato, perchè si tratta senza alcun dubbio di uno dei massimi esponenti della canzone in lingua piemontese, che si è dedicato per molti anni sia a recuperare il vecchio patrimonio popolare folk sia ad arricchire con nuove composizioni questo repertorio.
Negli anni '60, quando la sede della Fonit-Cetra era in via Bertola 34 a Torino, Balocco ha pubblicato una serie di 33 giri intitolati "Le canssôn dla piola", traducibile come "Le canzoni dell'osteria": quello che presentiamo oggi è il secondo, pubblicato nel 1965.
Sul retro di copertina vi è una presentazione del disco e dell'artista, curata da Guido Boursier, e delle note per ogni brano che, per chi non capisce il piemontese, consentono di seguire l'argomento della canzone.
Il disco contiene alcuni brani che sono diventati molto noti nel repertorio di Balocco, ad esempio "Tango dla soma d'aj" (per gli amici del blog del Centro Italiam, la "soma d'aj" è l'equivalente della bruschetta con l'aglio), con il testo di Piero Novelli, "Neto Paracchi" e "La rampa d' Cavôret", già presentata nel blog nell'interpretazione di Mario Piovano: quest'ultimo è in realtà un brano popolare, ma se provate a cercare nell'Archivio Siae potete trovare ben tre depositi....
La canzone che preferisco io è invece "Sôn ses meis", un triste brano d'amore.
Balocco è accompagnato al basso da Gino Luone (già incontrato nel blog in un post su Beppe d'Môncale') mentre collabora agli arrangiamenti il Maestro Giancarlo Chiaramello, anche alle tastiere, musicista in forze alla Fonit-Cetra.

 LATO A

1) Tango dla soma d'aj (Piero Novelli-Roberto Balocco)
2) Giacôlin (Roberto Balocco)
3) Capôral Trômbetta (tradizionale)
4) Sôn ses meis (Roberto Balocco)
5) 'l blagheur (Roberto Balocco)
6) 'l marziano (Piero Novelli-Roberto Balocco)

LATO B

1) La rampa d' Cavôret (Roberto Balocco)
2) La famija numerôsa (tradizionale)
3) 'l filobôs (Piero Novelli-Roberto Balocco)
4) Mi sai tut (Roberto Balocco)
5) Gioanin pe' d bosch (Roberto Balocco)
6) Neto Paracchi (Piero Novelli-Roberto Balocco) 

domenica 13 dicembre 2015

Gian Pieretti - Cianfrusaglie (1974)




Dopo l'album "Il vestito rosa del mio amico Piero" Dante Pieretti, che tutti conoscono come Gian, ritorna alla Vedette per un solo 45 giri, e passa poi alla Dig-It, etichetta per cui pubblica a novembre 1974 questo disco, "Cianfrusaglie", che vede la collaborazione di Ivan Graziani, anche lui in quel periodo con la Dig-It, che suona le chitarre, il banjo e il flauto (e di cui si ascolta qui e là anche la voce).
Dalle canzoni del disco emerge l'interesse di Gian Pieretti verso i cantautori della West Coast: la canzone d'apertura, "Dolce negli occhi", se cantata in inglese potrebbe venir fuori da un disco di Neil Young...ed infatti è seguita da una cover di "Harvest", con un testo che si differenzia totalmente dall'originale.
In "Io pazzo no" a un certo punto c'è un verso, "Io vendo la mia pazzia", che mi fa venire in mente "Venderò" di Bennato, di due anni successivi; il testo è comunque interessante, con molti spunti pacifisti.
In "Ragioni di vita", bella canzone acustica, è in evidenza la chitarra di Graziani, che si sente nel coro, mentre in "Viola" lo si ascolta anche al flauto e, nella coda strumentale, alla chitarra elettrica.
"Io di chi" mi ricorda un po' certe canzoni di Drupi del periodo, cose come "Sereno è": è forse la canzone in cui è più evidente il controcanto di Graziani nel ritornello.
"Periferia" è una ballata un po' più ritmata della media del disco, con un bel testo, mentre sono acustiche "Undici di sera", canzone d'amore e di solitudine, e "Francesca no", uno di quei ritratti femminili tipici di Graziani.
Conclude questo bel disco, che andrebbe riscoperto (e ristampato in CD) "Fammi vivere", con un inizio di pianoforte e armonica.
Ivan Graziani collabora con Pieretti alle musiche di "Viola" e scrive quelle di "Francesca no", mentre in altre due canzoni, "Io di chi?" e "Fammi vivere" collabora nella scrittura Claudio Damiani, chitarrista che collabora ancora oggi con il cantautore; infine "Ragioni di vita" e " Undici di sera" hanno le musiche di Bruno Longhi, che suona il basso e l'organo.
Oltre ai già citati Graziani e Longhi, completano il gruppo dei musicisti Sergio Poggi (componente dei Flora Fauna Cemento, come Longhi) alla batteria e al pianoforte, Maurizio Preti alle percussioni e lo stesso Pieretti all'armonica a bocca.
La produzione è curata da Pippo La Rosa, uno dei quattro titolari della Dig-It (gli altri sono il già citato Damiani, Vitaliano Caruso ed Eugenio Del Sarto)


LATO A

1) Dolce negli occhi (Gian Pieretti)
2) Canada (Gian Pieretti-Neil Young)
3) Io pazzo no (Gian Pieretti)
4) Ragioni di vita (Gian Pieretti-Bruno Longhi)
5) Il viola (Gian Pieretti-Ivan Graziani-Gian Pieretti)

LATO B

1) Io di chi? (Gian Pieretti-Claudio Damiani-Gian Pieretti)
2) Periferia (Gian Pieretti)
3) Undici di sera (Gian Pieretti-Bruno Longhi)
4) Francesca no (Gian Pieretti-Ivan Graziani)
5) Fammi vivere (Gian Pieretti-Claudio Damiani-Gian Pieretti)

martedì 8 dicembre 2015

AA.VV. - Gli Italiani cantano i Beatles (1995)












Come sapete, oggi è l'anniversario dell'assassinio di John Lennon: sono già passati 35 anni, e nel frattempo se n'è andato anche George Harrison....ho pensato quindi di dedicare il post di oggi ad una compilation pubblicata nel 1995 dalla Mercury e dedicata appunto ai Beatles, per meglio dire ad alcune cover in italiano dei quattro di Liverpool (ed infatti il disco si intitola "Gli Italiani cantano i Beatles").
L'idea della raccolta venne a Vincenzo Mollica, che la propose a Stefano Senardi, allora alla Polygram (la Mercury era infatti una delle etichette del gruppo, con la Philips, la Polydor ed altre), ed in breve venne fatta la selezione dei brani, privilegiando ovviamente gli artisti più famosi: mancano quindi i nomi più sconosciuti dei tanti gruppettini che negli anni '60 avevano inciso cover dei Beatles (mi riferisco a nomi come Danny Lorin, Cico Mauro e i Quattro dell'Iride, i Birilli e i Castellani); i Soliti Ignoti che propongono una versione di "With a little help from my friends" sono in realtà Ricky Gianco con alcuni musicisti milanesi (tra cui alla batteria Massimo Boldi).
Il disco si apre e si chiude con due cover di "Let it be": la prima è del 1970 di Patrick Samson, mentre la seconda risale al 1988 ed è dei Powerillusi (era il lato B del nostro primo 45 giri): devo dire che il testo di Minellono non regge il paragone con quello di Ricotta (ma non so quanto sono credibile con questa affermazione....).
Dicevamo che si tratta di cover in italiano, ma c'è un'eccezione, ed è "Nowhere man", che è riproposta dagli Shampoo in napoletano, "N'omme 'e niente": come tutto il loro disco, del resto, su cui prima o poi ritorneremo.

Artichoke fields forever

Particolare la versione di "Yesterday" di Claudio Villa: il testo è di due componenti dei Marcellos Ferial, che per primi avevano inciso la canzone con il titolo "Ieri": e credo che sia l'unica occasione in cui Villa convive sullo stesso supporto con Demetrio Stratos, voce solista dei Ribelli in "Oh darling".
Il paroliere più presente è Mogol, con ben quattro pezzi, mentre gli altri che lo seguono (Vito Pallavicini, Don Backy e Felice Piccarreda) firmano due canzoni.
Oltre a noi, l'unico torinese presente è Domenico Serengay, che traduce "Norwegian wood" per i Camaleonti, ancora con Ricky Maiocchi alla voce.
Il libretto interno presenta alcuni errori, ad esempio "Cambia tattica" di Gianco è datata 1974 invece di 1964, Felice Piccarreda è citato come "Piccaredda"....cose del genere che danno l'idea di un lavoro grafico un po' approssimativo.
Il disco è da anni fuori catalogo, ovviamente.....!

  1) Patrick Samson - Dille sì (Let it be) (Cristiano Minellono-J. Lennon-P. McCartney)
  2) Peppino Di Capri - Girl (Mario Cenci-John Lennon-Paul McCartney)
  3) Gianni Morandi - Una che dice di sì (Here, there and everywhere) (Bruno Lauzi-Lennon-McCartney)
  4) Ricky Gianco - Cambia tattica (From me to you) (Roberta Leonardi-Vito Pallavicini-Lennon-McCartney)
  5) Augusto Righetti - Michelle (Ricky Gianco-Vito Pallavicini-John Lennon-Paul McCartney)
  6) Fred Bongusto - Non ti cambierei (Golden slumbers) (Felice Piccarreda-Paolo Limiti-Lennon-McCartney)
  7) Patty Pravo - La tua voce (And I love her) (Don Backy-Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
  8) I Bit Nik - Hello goodbye (Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
  9) I Soliti Ignoti - Un piccolo aiuto dagli amici (With a little help from my friends) (Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
10) Fausto Leali - Lei ti ama  (She loves you) (Giuseppe Cassia-P. Salinelli-John Lennon-Paul McCartney)
11) I Nuovi Angeli - Obladì obladà (Felice Piccarreda-Mogol-John Lennon-Paul McCartney)
12) I Camaleonti - Se ritornerai (Norwegian wood) (Domenico Serengay-Luigi Menegazzi-John Lennon-Paul McCartney)
13) I Ribelli - Oh darling (Luigi Albertelli-John Lennon-Paul McCartney)
14) Dino - Cerca di capire (I should have know better) (Don Backy-J. Lennon-P. McCartney)
15) Shampoo - N'omme 'e niente (Nowhere man) (Shampoo-J. Lennon-P. McCartney)
16) Rolando Giambelli - Cos'hai (I'll be back) (Rolando Giambelli-J. Lennon-P. McCartney)
17) Claudio Villa - Yesterday (Marcelllo Minerbi-Tullio Romano--J. Lennon-P. McCartney)
18) Powerillusi - Lato B (Let it be) (Vince Ricotta-John Lennon-Paul McCartney)

domenica 6 dicembre 2015

I 20 dischi più rock della musica italiana (secondo Federico Guglielmi)


Premesso che questo post è uno spot (ah ah ah) per una rivista, "Classic Rock", che consiglio a tutti e che è realizzata da molti amici miei e di questo blog (Francesco Coniglio e Maurizio Becker, ad esempio...), volevo cogliere l'occasione di una lista fatta da Federico Guglielmi, con i relativi commenti, dei venti dischi più rock della musica italiana, pubblicata nei numeri 35 e 37 (l'ultimo, quello di cui vedete la copertina qui sopra) della rivista.
Come peraltro lo stesso Guglielmi scrive, questo tipo di liste sono legate anche a criteri soggettivi, premettendo che più o meno tutti questi dischi hanno un valore indiscusso, e questa che segue è la sua lista, in rigoroso ordine alfabetico per artista (per gli approfondimenti vi rimando ai due articoli cartacei):

"20 album italiani veramente rock" (da Classic Rock n° 35 e 37)

  1) Afterhours - Hai paura del buio?
  2) Area - Crac!
  3) Boohoos - Moonshiner
  4) Calibro 35 - Ritornano quelli di...
  5) CCCP Fedeli alla linea - Affinità-divergenze...
  6) Cheap Wine - Crime story
  7) Carmen Consoli - Mediamente isterica
  8) Death SS - Heavy demons
  9) Fast Animals and slow kids - Hybris
10) Eugenio Finardi - Diesel
11) Garybaldi - Nuda
12) Gianluca Grignani - La fabbrica di plastica
13) Litfiba - 17 re
14) Not Moving - Sinnermen
15) I Ragazzi dai capelli verdi
16) Raw Power - Screams from the gutter
17) Stepplejack - Serena Maboose
18) Timoria - Viaggio senza vento
19) Uzeda - Different section wires
20) Verdena - Requiem

Per quel che può valere, a parte qualche disco, su molti non sono d'accordo, in particolare per alcune esclusioni riguardanti album (e artisti) secondo me fondamentali per lo sviluppo del rock nella penisola, che magari poi in seguito hanno deluso realizzando dischi di scarso valore ma che, in certi periodi, sono stati sicuramente dei riferimenti (penso ad esempio a Bennato). Mi è venuta quindi l'idea di preparare la mia lista dei venti dischi rock italiani fondamentali....in pochi casi ci sono state delle coincidenze, che non ho motivato, mentre negli altri ho anche provato, nela maniera più sintetica possibile (non avendo a disposizione pagine e pagine di carta), a motivare la scelta: ovviamente mi aspetto critiche e, perchè no, le liste di chi segue il blog (premettendo che ovviamente sappiamo tutti che si tratta di un gioco e che queste liste lasciano il tempo che trovano....!); sempre in rigoroso ordine alfabetico per artista, ecco a voi

 I 20 dischi più rock della musica italiana (secondo Vito Vita)

  1) Area - Arbeicht macht frei - A mio parere, pur essendo "Crac!" un gran disco, questo è superiore, innanzitutto per l'impatto innovativo.
  2) Avvoltoi - Il nostro è solo un mondo beat - Credo che Moreno Spirogi sia uno dei più importanti musicisti rock italiani, più di tanti altri (molto più celebrati da certi critici musicali). Un gruppo che ha rivitalizzato e riattualizzato le sonorità sixties.
  3) Franco Battiato - Pollution - Dei dischi Bla Bla di Battiato, ero incerto tra "Pollution" e "Sulle corde di Aries", credo che tutti però meritino; forse "Pollution" è quello in cui le sperimentazioni sonore sono più equilibrate e musicalmente riuscite.
  4) Lucio Battisti - Amore e non amore - Quattro strumentali vicini al prog orchestrale e quattro canzoni, di cui un rock'n'roll, "Se la mia pelle vuoi", ed una lunga cavalcata sonora, "Dio mio no", con coda strumentale; musicisti del calibro di Radius, Di Cioccio, Mussida, Baldan Bembo, Premoli, Mussida.
  5) Edoardo Bennato - Io che non sono l'imperatore - Il rock'n'roll di "Meno male che adesso non c'è Nerone", il rock-blues di "Signor censore", il blues di "Il professor Cono", le ballate "Feste di piazza" e "Ci sei riuscita", per non parlare dei testi (l'irriverente "Affacciati affacciati" e il divertissement "Io per te Margherita") e della copertina. In seguito Bennato inciderà dischi di maggior successo (tra il 1977 e il 1980), poi avrà delle cadute repentine, ma questo disco, insieme al precedente "I buoni e cattivi" e al successivo "La torre di Babele", segna una via italiana al rock completa. Tra l'altro credo che Bennato sia stato il primo musicista italiano etichettato come "punk": nella recensione del 45 giri "Salviamo il salvabile/Ma che bella città", pubblicata su "Ciao 2001" n° 5 del 3 febbraio 1974 Manuel Insolera scrive: "Ci troviamo forse di fronte al primo musicista italiano autenticamente e genuinamente punk?Parrebbe proprio di sì".
  6) CCCP Fedeli alla linea "Affinità-divergenze..."
  7) Adriano Celentano - Adriano Celentano con Giulio Libano e la sua orchestra - Il disco d'esordio del Molleggiato, dopo moltissimi 45 giri (alcuni contenuti nell'album): non sarà stato il primo (Ghigo, per esempio, inizio qualche tempo prima), ma sicuramente è stato il rocker italiano della prima ondata che ha avuto il successo maggiore, e con canzoni come "Il tuo bacio è come un rock", "Il ribelle", "Blue jeans rock" (attenzione! Non cover, ma brani originali italiani) ha contribuito a svecchiare e a modernizzare la scena musicale italiana.
  8) Carmen Consoli - Mediamente isterica
  9) Equipe 84 - Stereoequipe - Alcuni lo hanno definito il "Sergent Pepper" della musica italiana: ma qui a Torino siamo soliti dire "Esageroma nen...". Rimane un disco (con 7 originali e 5 cover) che traccia una strada al beat italiano, in cui si mischiano il Battisti di "29 settembre" e "Nel cuore, nell'anima" con il Guccini di "E' dall'amore che nasce l'uomo" e "Per un attimo di tempo", il jazz di Stan Kenton con i Traffic di Winwood, l'orchestra del Teatro La Scala con il sitar e le tabla.
10) Eugenio Finardi - Diesel
11) Franti - Non classificato - Un gruppo che ha raccolto meno legna di quella che abbia seminato (e se mi legge Stefano Giaccone capirà a cosa mi riferisco). Di loro consiglierei tutto: ma qui, in effetti, trovate di loro tutto (o quasi).
12) Ivan Graziani - Pigro - Un ponte tra il rock e la canzone d'autore, come altri (il già citato Bennato, e il citato più sotto Maolucci), ma con un attenzione alla provincia italiana che lo rendono unico, insieme alla capacità di raccontare in musica delle storie e dei personaggi (indimenticabili in questo disco il ladro di "Monna Lisa", il bandito di "Fango", l'intellettualoide di "Pigro", il disadattato di "Scappo di casa") ed all'originalità come chitarrista.
13) Litfiba - Desaparecido - Questo è secondo me l'unico disco vero dei Litfiba: a mio parere, in "17 re" emergono di più le individualità che non il gruppo. E poi canzoni come "Eroi nel vento", "Istambul" e "Tziganata".
14) Enzo Maolucci - L'industria dell'obbligo - Oggi dimenticato (anche qui a Torino lo ricordano in pochi), eppure uno dei più originali cantautori rock italiani, soprattutto in questo disco e nel successivo "Barbari e bar". Belle canzoni, con tematiche scomode (come in "Rita Fenu") e in un brano, "Omicidio e rapina", quasi un'anticipazione del punk, nel 1976
15) Napoli Centrale - Napoli Centrale - Il "nero a metà" James Senese è sicuramente più vicino al jazz che al rock, ma con la seconda versione degli Showmen prima (l'album di "Abbasso lo zio Tom") e con i Napoli Centrale poi ha creato una fusione (parola non scelta a caso) tra vari elementi, in un jazz rock melodico ("Campagna" resterà una delle più belle canzoni italiane).
16) Premiata Forneria Marconi - Storia di un minuto - Sicuramente altri dischi sono stati pubblicati prima ("Collage" delle Orme), qualcuno preferisce altri gruppi (il Banco del grandissimo Di Giacomo, ad esempio), tuttavia la PFM ha portato nel mondo, anche negli Stati Uniti, quello che alcuni avevano definito lo "spaghetti rock". In questo disco ci sono, tra le altre, "Impressioni di settembre" e quella "E' festa" in cui il rock si fonde con la tarantella (e che inglesi e americani conoscono come "Celebration").
17) Massimo Priviero - San Valentino - Alcuni credono che il rock italiano sia Vasco Rossi e Ligabue. Credo che Priviero sia, visto anche il resto della sua produzione successiva a questo primo album (con la collaborazione di Little Steven), più sincero e genuino, pur con meno riscontri dal punto di vista del successo di pubblico rispetto ai due "mostri sacri" citati prima.
18) Clem Sacco - In action - Ogni lista deve avere qualche elemento fuori dalle righe: in questa c'è questo CD antologico, pubblicato dalla On Sale Music, che racchiude alcuni 45 giri di quello che è stato, tra i primi rocker italiani (i già citati Ghigo e Celentano, ma anche Brunetta, Ricky Gianco, Little Tony e tanti altri) con i suoi testi stralunati il vero precursore del rock demenziale: ascoltatevi canzoni come "Mamma voglio l'uovo alla coque" o "Baciami la vena varicosa"....d'altronde il rock nasce come demenziale (leggetevi i testi tradotti di "Blue suede shoes", "Tutti frutti" o "Be bop a lula".....).
19) Skiantos - Kinotto - Forse la dimenticanza più grossa della lista di Guglielmi è questa: la totale assenza di un qualsiasi disco degli Skiantos, che con il loro rock demenziale sono stati i veri artefici del punk in Italia. Imprescindibili i primi album, "Kinotto" forse è però il più completto: e poi ricordiamoci che un kinotto ogni due ore fa passare il malumore
20) Le Stelle di Mario Schifano - Dedicato a.... - Concludiamo questa lista con un disco nato a Torino, registrato negli studi della DKF e pubblicato nel novembre 1967: uno dei dischi più importanti della musica italiana, non solo del rock, con una suite che occupa tutto il lato A. Nulla da invidiare alle sperimentazioni di altri artisti d'oltremanica e d'oltreoceano

martedì 1 dicembre 2015

Sergio Caputo - Sergio Caputo (1981)












L'RCA aveva lanciato nel 1980 il Q Disc, che come ricorderete aveva le dimensioni di un normale 33 giri ma soltanto quattro canzoni, due per lato, con una durata, più o meno, la metà di un normale LP; la Ricordi rispose con gli Ep30, una serie di vinili che avevano la caratteristica di essere incisi da un solo lato; il primo fu quello di Ettore Sciorilli, il figlio del maestro Eros, un altro fu quello dei Divieto di Sosta.....ma avremo modo di ritornarci in seguito
Stando alla copertina, Ep sta per "estremamente pallido", mentre 30 era, più o meno, la durata del disco.
Sergio Caputo era reduce da un contratto con la IT di Micocci, per cui aveva inciso un 45 giri in stile cantautore (maggiori notizie le potete trovare nel blog del Vampiro), dopodichè aveva deciso di trasferirsi a Milano, città in cui lavorava come grafico pubblicitario e in cui era riuscito ad ottenere un contratto con la Ricordi, per cui pubblicò solo questo disco prima di raggiungere il meritato successo passando alla CGD con "Un sabato italiano".
Parliamo delle quattro canzoni: "Ehi ehi tu" ricorda ancora lo stile del periodo romano, ed è sicuramente il momento più dimenticabile del minialbum, mentre il brano successivo, "Meglio così", è invece la canzone più riuscita del disco, ed è quella che forse ricorda di più il Caputo dei dischi CGD, almeno musicalmente.
"Il professore" è  basato su una chitarra acustica, mentre il testo descive un personaggio solitario che frequenta i bar, probabilmente conosciuto da Caputo nel corso delle sue scorribande romane notturne tra night ed Hemingway Caffè Latino; il sax è in evidenza (ma purtroppo non sappiamo chi lo suona, mancando i crediti dei musicisti in copertina).
"Mentre il sole se ne andava via" ha una ritmica quasi reggae, raccontando le vicende di una serie di personaggi, ma in questo senso in seguito Caputo farà di meglio.
Gli arrangiamenti sono di Roberto Puleo  (che presumibilmente suona le chitarre) e la produzione di Kiko Fusco (della Schola Cantorum) e Riccardo Rinetti, il Rino di cui Caputo (autore dei testi e delle musiche di tutti e quattro i brani) racconterà le gesta in "Io e Rino" e in altre canzoni.
Curata la grafica: in una busta trasparente vi è il disco, che dal lato non inciso ha una fotografia di Caputo con i capelli lunghi in un quadrifoglio, ed una copertina con da un lato i testi delle canzoni e dall'altro, il retro, una "autobiografia muriatica" dell'artista.

1) Ehi ehi tu
2) Meglio così
3) Il professore
4) Mentre il sole se ne andava via